Catanzaro: Girifalco in Azione sulla Riforma del Welfare in Calabria

Da qualche giorno abbiamo nuovamente sentito parlare del DGR 503/2019, la riforma del Welfare che la nuova maggioranza ha bloccato nella prima seduta in Consiglio Regionale. Non sono mancate le "bordate" dall'opposizione, con accuse e contro accuse e che per giorni nonostante la criticità dell'emergenza covid-19, hanno tenuto banco sui media e non solo. Già da tempo abbiamo letto e sentito dire da numerosi e qualificati esponenti del mondo del volontariato, dell'associazionismo , delle Onlus e delle cooperative circa le difficoltà che questa riforma avrebbe finito per accentuare nell'operato degli enti del terzo settore se attuata così come approvata in extremis, a fine legislatura passata. Anche il vice presidente vicario dell'Anci n una recente nota, aveva chiesto alla neo governatrice Jole Santelli l'immediata sospensione dell'iter per avviare di nuovo la macchina della concertazione. La presidente regionale di Confapi Calabria filiera sanità privata, parla dell'attuale DGR 503/2019 come una norma che duplica gli interventi, quelli socio-sanitari e socio-assistenziali , che porterà inevitabilmente ad una lievitazione dei costi ed in un ridimensionamento della qualità dei servizi erogati. Come gruppo politico giovane e di recente costituzione crediamo che le forze politiche attuali, quelle che si ritengono più ricche di esperienza o comunque coloro i quali già hanno ruoli decisionali in Consiglio Regionale, debbano smettere di alimentare divisioni tra le associazioni ed enti del terzo settore. Non è condivisibile assistere a questa continua "guerra tra poveri" per mero calcolo elettorale ! Noi di Girifalco in Azione conosciamo l'iter della suddetta normativa nonché la necessità di avere una legge organica funzionale a tutto il terzo settore calabrese, che da troppi anni vive di sacrifici e stenti, ma nonostante tutto non smette di svolgere un compito essenziale nella società, quello di prendersi cura dei più deboli.

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A tal riguardo, dopo un'attenta lettura della norma nonché dopo aver interagito con gli operatori del settore, segnaliamo sei criticità sulle quali bisogna intervenire per modificare la riforma. 1) Il trasferimento delle competenze ai Comuni comporta non poche difficoltà: i Comuni lamentano di non avere risorse umane sufficienti per gestire la mole di lavoro (composizione uffici di piano, gestione ordinaria, controlli, rilascio di autorizzazioni ed accreditamenti ...), tanto meno le competenze (es. che fine ha fatto il progetto sul Servizio di Sociologia del Territorio?) . 2) La Riforma prevede l'azzeramento di ogni accreditamento per le strutture già esistenti e, da tempo, operative nel territorio regionale; questo significa che gli utenti avranno libera scelta della struttura nella quale inserirsi, sarà sufficiente che sia solo autorizzata. Il sistema, così pensato, mette a rischio la vita delle strutture storiche (che hanno investito per adeguare i livelli strutturali ed organizzativi, che hanno personale inquadrato da tempo ...) e, inoltre, apre la strada a tante persone che non hanno mai lavorato nel sociale che si improvviseranno gestori di strutture socio-assistenziali attivando così un sistema di concorrenza (guerra tra poveri) che abbasserà i livelli di qualità del servizio e produrrà solo guadagno ad avventori che si lanceranno nel settore solo per motivi economici. 3) La Riforma prevede adeguamenti strutturali (più stringenti rispetto al passato) ed organizzativi (più personale specializzato) ma senza adeguare idoneamente le rette, anzi in qualche caso (es. strutture per adulti in difficoltà) addirittura le rette sono state abbassate nel regolamento pubblicato a dicembre 2019. Come si potranno pagare i servizi e le professionalità richieste? Le rette rimangono di gran lunga inferiore a quelle riconosciute nel centro e nord Italia e, comunque, nelle altre regioni italiane. 4) Non è stato implementato il fondo regionale dedicato alle politiche socioassistenziali e questo limita molto gli Enti del Terzo Settore che sono chiamati ad offrire servizi sempre più qualificati ma con scarsissime risorse. 5) Per la gestione degli utenti, è prevista una compartecipazione alla spesa da parte dei Comuni ma questi sono quasi tutti in dissesto finanziario e, comunque, non hanno risorse per contribuire; questo comporterà che nessun Comune, tantomeno quello capofila, si prenderà mai l'impegno di effettuare affidamenti di utenti alle strutture private. 6) La Riforma prevede che anche gli utenti partecipino alla spesa con una retta da quantificare in base al reddito, ma nessuno lo farà mai e questo sarà un problema per gli enti che accolgono: come imporre tale contribuzione? Come non mettere in conto che, venendo meno il contributo dei Comuni e degli utenti, sarà praticamente insostenibile il servizio, con inevitabile rischio di collasso e chiusura delle strutture?

Lo si legge in una nota d Francesco Iozzii Referente del comitato di Girifalco del partito Azione.